Autoritratto come allegoria della Pittura è un dipinto (olio su tela, cm 98,6×75,2) realizzato nel 1638- 1639 dalla pittrice italiana Artemisia Gentileschi, ed attualmente conservato al Kensington Palace di Londra.
Artemisia Gentileschi (Roma, 8 Luglio 1593 – Napoli, circa 1656) è stata una famosa pittrice italiana della scuola caravaggesca, figlia del celebre pittore pisano Orazio Gentileschi, anch’egli molto vicino alla pittura del contemporaneo Caravaggio. Il suo talento non passa inosservato, e non può essere sottovalutato ancora oggi, sebbene la vicenda dello stupro subito e il conseguente processo pubblico, nonchè la predominanza maschile nell’ambiente artistico dell’epoca, gettano alcune ombre sul suo lavoro.
Tra i suoi capolavori occorre citare Susanna e i vecchioni (databile 1610) conservato nella Collezione Graf von Schönborn a Pommersfelden in Germania e Giuditta che decapita Oloferne, (databile 1620) attualmente conservato presso la Galleria degli Uffizi di Firenze, mentre una prima versione realizzato fra il 1612 e il 1613 è conservato presso il Museo Nazionale di Capodimonte. A ciò si aggiunge una splendida “Madonna col Bambino” realizzato tra il 1610 e il 1611e conservata presso la Galleria Spada di Roma.
L’opera Autoritratto come allegoria della Pittura raffigura una giovane donna intenta a dipingere su una grande tela. Si tratterebbe di un autoritratto della stessa pittrice che impersona la Pittura, con al collo una collana d’oro e un medaglione a forma di maschera, il braccio destro disteso con il pennello in mano mentre nell’altro braccio regge la tavolozza dei colori. L’immagine è inserita su uno sfondo monocromo scuro, illuminata da uno squarcio di luce che dall’alto si riflette sul viso, sul petto e sul braccio, creando forti contrasti chiaroscurali.
La postura del corpo, di fianco, e il fatto che la Gentileschi non guarda frontalmente l’osservatore hanno sollevato dei dubbi sul fatto che la donna ritratta sia effettivamente Artemisia o una semplice modella, a meno che la pittrice non abbia impiegato almeno due specchi perfettamente angolati.
Altri dubbi riguardano le sembianze del viso della Gentileschi in quanto, in relazione alla datazione dell’opera, 1638- 1639, la famosa pittrice era, al momento della realizzazione del dipinto, una donna più che quarantenne, mentre la figura femminile ritratta sulla tela sembra molto più giovane.
Ma trattandosi di una Allegoria la pittrice ha potuto far ampio uso della sua creatività per dipingere una donna con le sue fattezze fisiche, ma distaccandosi dalle regole più rigide dell’autoritratto. Si tenga ben presente che la Gentileschi soleva spesso raffigurarsi nelle sue opere, come testimoniano le numerose eroine bibliche alle quali donava le sue sembianze fisiche.
Non si conosce con esattezza il committente dell’opera, la stessa faceva parte della collezione di re Carlo I, poi andato disperso e successivamente ritrovato ed inserito nelle collezioni reali di Kensington Palace.