Città in campagna. Poesia di Cesare Pavese

Città in campagna Felicità del matrimonio Ulisse Egloga Costume e costumato Origine dei diritti In Sicilia Il sonno è ciò che i Siciliani vogliono I miei versi Difetti ereditari dei filosofi Lo spirito libero è un concetto relativo Forse un mattino andando in un’aria di vetro Chimica dei concetti e dei sentimenti E' quel che è Avvenire Felicità raggiunta, si camminaCittà in campagna

Papà beve al tavolo avvolto da pergole verdi
e il ragazzo s’annoia seduto. Il cavallo s’annoia
posseduto da mosche: il ragazzo vorrebbe acchiapparne,
ma Papà l’ha sott’occhio. Le pergole dànno nel vuoto
sulla valle. Il ragazzo non guarda piú al fondo,
perché ha voglia di fare un gran salto. Alza gli occhi:
non c’è piú belle nuvole: gli ammassi splendenti
si son chiusi a nascondere il fresco del cielo.

Si lamenta, Papà, che ci sia da patire piú caldo
nella gita per vendere l’uva, che a mietere il grano.
Chi ha mai visto in settembre quel sole rovente
e doversi fermare al ritorno, dall’oste,
altrimenti gli crepa il cavallo. Ma l’uva è venduta;
qualcun altro ci pensa, di qui alla vendemmia:
se anche grandina, il prezzo è già fatto. Il ragazzo s’annoia
il suo sorso Papà gliel’ha già fatto bere.
Non c’è piú che guardare quel bianco maligno,
sotto il nero dell’afa, e sperare nell’acqua.

Le vie fresche di mezza mattina eran piene di portici
e di gente. Gridavano in piazza. Girava il gelato
bianco e rosa: pareva le nuvole sode nel cielo.
Se faceva sto caldo in città, si fermavano a pranzo
nell’albergo. La polvere e il caldo non sporcano i muri
in città: lungo i viali le case son bianche.
Il ragazzo alza gli occhi alle nuvole orribili.
In città stanno al fresco a far niente, ma comprano l’uva,
la lavorano in grandi cantine e diventano ricchi.

Se restavano ancora, vedevano in mezzo alle piante,
nella sera, ogni viale una fila di luci.

Tra le pergole nasce un gran vento. Il cavallo si scuote
e Papà guarda in aria. Laggiú nella valle
c’è la casa nel prato e la vigna matura.
Tutt’a un tratto fa freddo e le foglie si staccano
e la polvere vola. Papà beve sempre.
Il ragazzo alza gli occhi alle nuvole orribili.
Sulla valle c’è ancora una chiazza di sole.
Se si fermano qui, mangeranno dall’oste.

(Città in campagna poesia di Cesare Pavese tratta dalla sezione “Città in campagna“, in Lavorare stanca, anno 1936).

 Lavorare Stanca ” è una raccolta di poesie di Cesare Pavese (Santo Stefano Belbo, 9 Settembre 1908 – Torino, 27 Agosto 1950) pubblicate nel 1936 a Firenze, che quasi ponendosi in profonda contraddizione con lo stile ermetico e complesso proprio di quel periodo, si caratterizza come poesia – racconto.

La raccolta poetica si suddivide in sei sezione: Antenati (I mari del Sud; AntenatiPaesaggio I; Gente spaesataIl dio caprone; Paesaggio II; Il figlio della vedova; Luna d’agostoGente che c’è stata; Paesaggio III; La notte), Dopo (IncontroMania di solitudine; Rivelazione; Mattino; Estate; Notturno; Agonia; Paesaggio VII; Donne appassionate; Terre bruciate; Tolleranza; La puttana contadina; Pensieri di Deola; Due sigarette; Dopo) , Città in campagna, (Il tempo passaGente che non capisceCasa in costruzione; Città in campagna; AtavismoAvventure; Civiltà anticaUlisse; Disciplina; Paesaggio V; Indisciplina; Ritratto d’autore; Grappa a settembre; Balletto; Paternità; Atlantic Oil; Crepuscolo di sabbiatoriIl carrettiere; Lavorare stancaMaternità“ (Una stagionePiaceri notturniLa cena triste; Paesaggio IV; Un ricordo; La voceMaternitàLa moglie del barcaioloLa vecchia ubriacaPaesaggio VIII), Legna verde (Esterno; Fumatori di carta; Una generazione; Rivolta; Legna verde; Poggio Reale; Parole del politico) e Paternità (Mediterranea; Paesaggio VI; Mito; Il paradiso sui tetti; Semplicità; L’istinto; PaternitàLo steddazzu); Appendice (Il mestiere di poeta; A proposito di certe poesie non ancora scritte).

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